Notti notturne

venerdì 21 dicembre 2012

L'eroe borghese

L’eroica       normalità di
   Giorgio Ambrosoli

         di Matteo Tassinari

Aveva invitato alcuni amici a casa sua per assistere ad un incontro di box per il Campionato europeo dei pesi massimi. Era l'11 luglio 1979 e a casa di Giorgio Ambrosoli squillò il telefono. L'avvocato alzò il ricevitore: "Pronto?". Silenzio. Solo un respiro affannato, forse per incutere più paura, come dire non ti parlo, ma so dove sei. "Pronto, chi parla", continua a chiedere l'avvocato Ambrosoli. Dall'altra parte il respiro si abbassa, fino a chiudere la comunicazione. Quasi indifferente, Ambrosoli, che di minacce ne aveva già ricevute tante, non volle dare peso al fatto. Non disse nulla agli amici con cui aveva visto l'incontro di boxe fino a quel momento. Erano circa le 22, 20. L'incontro finisce. Spegne la tv e accompagna a casa un amico. Ritorna verso casa. Sta chiudendo la serratura della portiera della sua auto, una Fiat 127 rossa. Qualcuno si accosta. Chiede: "Avvocato?". "Sì". Scende un secondo uomo dall'altra parte dell'auto: "Mi scusi avvocato Ambrosoli?". Chi parla è William Joseph Aricò, un killer italo-americano e ingaggiato dal finanziere Michele Sindona per uccidere il liquidatore della sua banca. Spara quattro colpi con una 357 Magnum a distanza ravvicinata. Ambrosoli muore all'istante.
Giorgio Ambrosoli (17 ottobre 1933 – 11 luglio 1979avvocato milanese, poi nel settembre 1974 nominato dal governatore della Banca d'Italia Guido CarliCommissario liquidatore della Banca Privata Italiana
*L'ANTEFATTO*

Nel 1971 si addensarono sospetti sulle attività del banchiere siciliano Michele Sindona. La Banca d'Italia, attraverso il Banco di Roma, investigò sulle sue attività nel tentativo di evitare il fallimento degli Istituti di credito da questi gestiti: la Banca Unione e la Banca Privata Finanziaria. Le scelte dell'allora governatore Guido Carli, erano motivate dalla volontà di non provocare il panico nei correntisti, ma nessuno pensava a quello che Ambrosoli di lì a poco avrebbe scoperto. Quasi come un vaso di Pandora aperto all'improvviso. Fu accordato un prestito a Sindona, anche grazie all'amicizia con l'amministratore delegato dell'istituto, Mario Barone. Fu così inserito al terzo livello dell'amministrazione, cambiando le regole dello statuto bancario che, fino ad allora, prevedeva solo due cariche fino a quel momento.

Le incredibili dichiarazioni di Andreotti sull'avvocato Ambrosoli


Se l'andava cercando
diceva Andreotti
Dopo le parole espresse sulla morte di Ambrosoli dal senatore a vita (a vita) e documentate in questo video dal "Divo", Andreotti cercherà penosamente, senza riuscirvi, di rattoppare qua e la cercando di sviare quello stridente per quanto dolente: "Sono stato frainteso". Una frase detta con quello stupore plastificato scolpito in faccia tipico dei democristiani doc e di chi beneficia di un'ingenuità scaltra. Ancora una volta s'è visto come il lupo perda il pelo ma non il vizio, dicendo castronerie o bestialità come questa, la più inquietante: "Il potere logora chi non ce l'ha". Il senatore si dice costernato e sorpreso dall'indignazione emersa dopo le sue dichiarazioni. "Sono molto dispiaciuto - spiegò la scatola nera di questo Paese - che una mia espressione in gergo romanesco abbia causato un grave fraintendimento sulle mie valutazioni delle tragiche circostanze della morte del dottor Ambrosoli". Con quel "se l'andava cercando", spiega Andreotti, "intendevo fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto con il difficile incarico assunto da Carli"Il primo commento del figlio, l'avvocato Umberto Ambrosoli, è lapidario e limpido: "quelle parole si commentano da sole". 
Ogni verità contiene la sua perfezione come ogni menzogna
Intervista a Giorgio Ambrosoli
Don Chisciotte
nel mondo
Ci sono momenti, frangenti e stagioni in cui bruscamente e con malagrazia diventa tutto più prezioso, autentico, elevato. Come il saluto ad Anna, moglie di Ambrosoli, al telefono prima di dormire, per rincuorarlo nella sua ricerca, farsi sentire vicino quando un'entità più che mai astratta come lo Stato. gli aveva scaricato addosso un peso impugnabile e atroce. Sarò un idealista che crede ancora nei tanti Don Chisciotte della Mancia sparsi per il mondo a combattere le proprie battaglie per la legalità, ma quando qualcosa di robusto stava per saltare è sempre intervenuto qualcuno per bloccare ogni iniziativa dell'Avvocato.
Moderato e figlio della borghesia milanese 
Ambrosoli con Craxi
Neanche un pool gli avevano affidato, che era il minimo in un compito così temibile atrocemente potente. Anche perché non ci troviamo davanti ad un Serpico o un super-poliziotto o uno 007, ma ad un moderato, figlio della tradizionale borghesia milanese, per idee, stile di vita e di costume, avvocato. Ambrosoli si dedicò con intransigenza e semplicità a quello che era stato chiamato a fare da quello Stato fantasma in cui lui credeva. Aveva 45 anni e aveva anche la stoffa, l’intelligenza e soprattutto la forza per fascicolare in aula di dibattimento ogni ossessivo tentativo di salvataggio della banca voluti da politici di alto livello in combine con la criminalità organizzata. Mentre la loggia massonica P2 faceva da regista nell’offensiva esiziale quanto letale per screditare l'immagine di Ambrosoli.
Intanto lo
stesso avvocato
rimaneva attonito - risulta dagli scritti sue agende - scoprire la diffusione della corruzione e d'illegalità, delle trame, delle connivenze, dei tradimenti che hanno per protagonisti uomini di alto rango dello Stato, ministri, magistrati, banchieri, cardinali. L'avvocato di Milano non riusciva a nascondere il suo stupore, lo si capisce leggendo i suoi diari e le sue agendine, di fronte alle rivelazioni continue dei tradimenti, delle trame, delle connivenze che avevano per protagonisti uomini di alto rango dello Stato. Coloro che dovevano proteggere il suo lavoro, essere dalla sua parte quanto meno, quella della legge, per poi rivelarsi avversi rivali, antagonisti avversari, alleati tutti insieme per neutralizzare la legge e ogni sforzo dell'avvocato. Basta guardare che facce!
A Milano la gente ha cominciato ad uscire di casa la sera. Basta la notizia di una manifestazione, di un convegno, di un corso per lezioni, una festa perché tutti accorrano. Sono gli anni del boom, della contestazione, gli anni delle bombe passati attraverso tanti travestimenti fisici e ideologici. La situazione economica appare più serena. C'è un'espansione del credito e degli investimenti la disoccupazione cala. Qualcuno scrive che è arrivata l'ora del sentimento.
Sindona è invelenito, accusa Ambrosoli di aver nascosto documenti di aver dichiarato il falso per farlo risultare colpevole. In aula, Ambrosoli illustra i tracciati dei depositi fiduciari e il suo asettico racconto ha suggestioni romanzesche. Per questo gli avvocati di Sindona lamentano una carenza di documenti che sarebbero stati negati dall'autorità italiana, attaccandosi più alla forma dell'eloquio che alla sostanza di quel che diceva il liquidatore incaricato dallo Stato. Tutto fumo negli occhi per guadagnare tempo, il lavoro preferito e in cui sono espertissimi alcuni avocati. Il clima è teso. Intanto hanno trovato in un ufficio accanto a quello di Ambrosoli, una pistola smontata dentro un cestino nell'ufficio dell'avvocato, un segnale chiaro: "ti smontiamo come questa pistola e ti buttiamo nei rifiuti".
Sono i primi anni '60. Al centro Licio Gelli con il senatore a vita Andreotti
L'ennesimo
muro di gomma         
Ambrosoli è chiaramente impaurito e pensa alla sua famiglia. Non dice nulla alla moglie, si tiene tutto dentro per non impaurirla. Pensa alla potenza criminale di Sindona, alla sua forza mafiosa, alle sue capacità d'intimidazione a qualsiasi livello, alto o basso. Ma per questo non si ferma. Anzi, rinforza l'azione investigativa documentando i legami tra Sindona, mafia, il bancarottiere Roberto Calvi trovato impiccato sotto il ponte Blackfriars (Frati Neri) a Londra, la banca del Vaticano attraverso il presidente dello Ior Paul Marcinkus dal 1971 al 1989, il quale, grazie all'inchiesta di Ambrosoli, si scoprì che finanziò Solidarnosć in Polonia e i Contras in Nicaragua allo scopo di contrastare l'espandersi di ideologie filomarxiste, come in altri Paesi  latini, la famigerata banda della Magliana vicina a Roberto Calvi, Licio Gelli della loggia massonica P2 e i suoi contatti con politici di primo livello.
*L'inciampo*
L'avvocato, nonostante i tanti tranelli tesi, mantiene intatta la sua credibilità di testimone, di liquidatore agli occhi del mondo. Intanto i difensori di Sindona sperano di coglierlo in fallo su qualche cavillo procedurale o burocratico per togliere peso alla forza dirompente del suo lavoro che non ammetteva sbavature. Ma lo screditamento continuo dell'immagine pubblica  di Ambrosoli da parte dei legali di Sindona (e non solo) puntano su 3 elementi: 1)Ambrosoli ha gravi responsabilità per l'aiuto dato alla giustizia americana. 2)E' colpevole di aver affrettato la procedura di estradizione. 3)E' responsabile d'aver affossato la Banca controllata da Sindona a tutti i costi. Giogrio Ambrosoli viene ammazzato per questi motivi e per un'altra, forse preminente: il commissario liquidatore di Milano, diviene l'inciampo per molti e per questo diverrà la pietra sepolcrale di misteri roventi per molti personaggi potenti e discutibili, nel migliore dei casi.
Wall Street
La persecuzione
nei suoi confronti è antica, crescente. Le minacce via via sono sempre più corpose. Ambrosoli, solo, si è trovato di fronte un nemico troppo potente, legato a uomini politici di governo, alla finanza internazionale, dalla City di Londra a Wall Street alle Banche svizzere, lo Ior, i Servizi segreti, americani e non solo italiani, massoneria, mafia, banda della Magliana. Un grumo di illegalità e misfatti inconfessabili. Il rancore e la vendetta hanno avuto sempre un ruolo preminente nell'animo di Sindona. E' un giocatore perenne che affida tutto a se stesso e alla prossima mano di carte, non si sente mai sconfitto. L'avvocato di Milano viene ucciso per questo coacervo di moventi.
14 luglio 1979, funerali di Giorgio Ambrosoli. Al centro la vedova Anna, Lorenza con i figli Francesca, Filippo, Umberto
Lettera alla moglie
Anna carissima,
Sono le 21 del 25/2/1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. (Banca Privata Italiana) atto che non soddisferà molti e che mi è costato una gran fatica. Non ho timori per me, semmai pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il Paese. Ricordi da giovani le speranze mai realizzate di far politica per il Paese e non per i partiti? Ebbene, a quarantanni, di colpo, ho fatto politica e non per un partito, o per interessi personali. Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato nell'interesse del Paese, che nella mia testa significava per la gente, creandomi solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava. Ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchio tempo dopo. I nemici non aiutano e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria e, purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere. Abbiamo amici che ti potranno aiutare. Sei sempre con me Anna. 
tuo Giorgio

Anni '70,
i più oscuri
Ma Anna subisce un contraccolpo emotivo acuto e ingestibile che non regge e la porta in uno stato d’agitazione. L'Italia è sotto pressione. La Dc arranca. Il Pci è un gigante dai piedi d'argilla. Anna, la moglie di Ambrosoli, di primo impulso vorrebbe partire per Roma, andare da Carli, mostrargli la lettera e convincerlo a togliere subito l’incarico a suo marito. Calcola che può farcela senza essere scoperta, andare e tornare in giornata senza che il marito se ne accorga.
Velocemente
telefona all’Alitalia e compra un biglietto andata e ritorno per Roma. Poi ha un momento di titubanza e pensa che sia meglio sentire Giorgio Balzaretti, un amico di famiglia giudicato di buon senso dallo stesso Giorgio Ambrosoli. Le racconta quello che le è accaduto, della lettera. Lui fa di tutto per calmarla, dicendogli che metterà a posto tutto lui. Balzaretti va subito da Ambrosoli e l’avvocato milanese risponde brusco: “Anna deve comportarsi come una moglie siciliana. Deve stare zitta nelle mie cose, stare al mio fianco sempre, ma sostenermi nel silenzio. Lei è l'unica che può fermarmi e questo io ora non lo voglio”. Per anni la moglie vive nell’angoscia che suo marito possa essere ucciso. Angoscia, a conti fatti, per nulla stravagante. Tenta più volte di capire il lavoro del marito, senza insospettirlo per non innervosirlo. E’ attenta ad ogni parola che dice, non gli sfugge nulla, soprattutto i discorsi con i suoi amici più cari, nella speranza di carpire e capire il mostro che minacciava la vita di suo marito. Fatica a dormire è ansiosa ma non lo vuole far vedere. Da quel giorno sa che ad ogni ora può arrivare la notizia che non avrebbe mai voluto sentire. Ambrosoli sa che la sua morte è vicina. La sente dentro di se, come un nocciolo dentro un frutto. “Lotta dura senza paura”, “La classe operaia unita vincerà”, “Basta con gli aumenti facciamo pagare la crisi al padrone” sono le urla che si portano in giro i cortei milanesi a metà degli anni ’70, periodo aspro, affannoso, teso da tutte le parti sociali e politiche.
             La foto segnaletica di William Joseph Aricò, il killer di Ambrosoli

   Pietra sacrificale
Ambrosoli fece ciò che sentiva di dover fare. Lo fece in modo grande e insieme "normale". Ed è questo modo di agire che mi fa amare quest'uomo, questa pietra sacrificale su cui si sono scaraventati addosso interessi di cricche e consorterie che hanno travolto la sua vita e famiglia. Avrebbe potuto vivere una vita agiata, tranquilla, con le sue serene abitudini e invece si battè con una furia e tenacia del tutto simili a Falcone e Borsellino. Solo a scriverle queste parole ci sente banali. Tuttavia, in faccia a tutti i portaborselacchécollaboratori di manicafiduciariservi, prestanomi, tirapiedialter egofactotumadulatoriscagnozzi, bracci destri e ausiliari, è semplicemente bello pensare che si possa essere anche diversi dai galoppini che siamo abituati a vedere a bracciate nel golfo di Messina o nella giunta regionale del Lazio o Lombardia.
La caduta degli angeli ribelli, Hieronymus Bosch


   Non seguì il
  verso del legno
La figura dell'avvocato Ambrosoli rappresenta chi ha a cuore la legalità, la giustizia fatta esigenza nella pratica vissuta nella nostra vita. Sarebbe stato facile per lui, aver salva la vita. Minuscoli cedimenti, qualche aggiustamento di rotta, abbozzare qualche nome troppo potente, seguire il "verso del legno" (un modo di dire siciliano che significa far finta di niente), qualche azione neppure visibile accompagnata da una piccola firma in calce a un foglio. All’esterno, tutto quanto avrebbe avuto l’apparenza di un atto dovuto. Ma tutto questo non era nelle corde dell'eroe borghese, nessun aggiustamento, niente mediazioni o salvataggi della banca, avrebbe significato violare la legge, far pagare il peso finanziario ai cittadini, i contribuenti italiani che Ambrosoli viveva il dovere di tutelare. Troppo enfatico? Non so che farci. Non è questione di essere alla ricerca di eroi e tutte quelle stronzate adolescenziali. Ciò che centra e sconcerta è scoprire fino a quale livello la malvagità umana possa arrivare. Centra la miseria intellettuale, la calunnia usata come arma per screditare le persone e distruggerle, centra il silenzio di troppe persone oggi ancora riverite e che hanno armadi pieni di scheletri. 
"Ci sono taluni ossessi di prudenza, che a furia di volere evitare ogni più piccolo errore, fanno dell'intera vita un errore solo".
(Ecce HomoArturo Graf, 1908)


Massoneria in 
Vaticano
"Un uomo libero che nella prova più difficile della sua vita, seppe mantenere la sua dirittura, la sua passione per la legalità, il suo senso di giustizia. Un uomo che con il suo lavoro interrotto stava dimostrando - sono parole di Umberto, suo figlio - che è possibile anteporre il bene del Paese, il bene comune, agli interessi di parte e a quelli personali". Perché sentiva di agire in nome di un’Italia morale, ancora onesta, civile. Anche quando si trovò di fronte ad un muro fatto di alterigia e disdegno, insolenza e tracotanza, insofferente ad ogni regola continuò, grazie alle sue capacità investigative, a smontare un dedalo infinito, un bizantinismo composto di storpiature e viziosità finanziarie mafiose, massoniche e vaticane. Un coacervo d'interessi dalla vasta portata e  insospettabili.
Tra denaro e paradisi fiscali

La figura del Cardinale Paul Marcinkus (morto nel 2006 a Sun City in Arizona) è stata archiviata dal Vaticano appena l'immagine del "proprietario" dello Ior, la Banca Vaticana, s'appannò agramente per la maniera "disinvolta" e spregiudicata che aveva di condurla. "Non si può governare la Chiesa con le Ave Maria", ripeteva l'arcivescovo americano. Ambrosoli aveva a che vedersela con ceffi di brutta natura. E anche mentre si rendeva conto di quanto grande e perverso fosse l’intreccio tra affari, corruzione, interessi finanziari e cattiva politica, Ambrosoli non lasciò mai a metà il suo lavoro. Quasi fosse una missione quella a cui era stato chiamato, la viveva come qualcosa di troppo importante, forse era semplicemente una persona capace nel suo lavoro e sopra le parti e cosa ancora più rara oggi, era incorruttibile. Certi episodi avevano netta questa lettura di significato.
Al di là di ogni retorica, in quel volto, vedo la voglia di voler dire tante cose


"Giorgio Ambrosoli è stato un uomo libero, che nella prova più difficile della sua vita, seppe mantenere la sua dirittura, la sua passione per la legalità, il suo senso di giustizia. Un uomo che con il suo lavoro, interrotto dagli spari della sera dell’11 luglio di molti anni fa, stava dimostrando che è possibile anteporre il bene del Paese, il bene comune, agli interessi di parte e a quelli personali. Anche quando si trovò di fronte a un muro fatto di arroganza e d'insofferenza ad ogni regola. Anche mentre si rendeva conto di quanto grande e perverso fosse l’intreccio tra affari, corruzione, interessi finanziari e politica affaristica. Ambrosoli scoprì questo intreccio. E fu immediatamente consapevole delle ostilità che si sarebbe attirato, dei rischi ai quali sarebbe andato incontro".
Da "L’uomo che non scendeva a compromessi"di Corrado Stajano autore del libro "Un eroe borghese".
"Pagherò a caro prezzo l’incarico. Lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica per fare qualcosa per il Paese e non un partito".

dall'agenda dell'avvocato Giorgio Ambrosoli