Notti notturne

martedì 10 luglio 2012

Polmoni sabbiati di Fashion

La Dida la facciamo scrivere a Donatella Versace, la stilista "bionda"

Sabbiatori
senza fiato


         di Matteo Tassinari

"La malattia è progredita fino al 46% dei polmoni. Non posso fare sforzi fisici, non posso correre o arrampicarmi. Se prendo un raffreddore è molto pericoloso per me. Mi manca sempre il fiato e non posso parlare. Può anche peggiorare. Quando capita devo andare in ospedale per un mese e prendere l’ossigeno direttamente". Adulhalim Demir è un operaio turco, ha 46 anni, tre figli piccoli e una malattia antica, la silicosi.
Donatella Versace, la stilista bionda molto amica, e si vede, di Iggy Pop

'Sti CAZZI!
Un tempo consumava poco alla volta i minatori dopo una vita passata sotto terra a mangiare polvere. Adulhalim però non ha mai visto una miniera, il male che gli ruba l’aria l’ha respirato in una fabbrica di jeans. Per un anno ha lavorato come "sabbiatore esperto" in un laboratorio che produceva pantaloni sbiancati per Tom Hilfiger, stilista americano, nonchè Menswear Designer, Porgettista e Designer International. "Sti cazzi", alla Martellone di "Boris".

 Lascio sempre alla stilista bionda, il compito di redigere la dida
Sparare sabbia nei
polmoni
La sua mansione era semplice: sparare sabbia ad alto tenore di silice con un compressore, per ammorbidire il denim e dargli quella patina invecchiata che piace alle grandi firme della moda e agli altri di conseguenza. La paga non era un gran che, ma gli operai immigrati come Adulhalim potevano dormire nei locali dove lavoravano: 24ore al giorno a respirare aria impregnata di polveri caliginose, silice e pietra focaia. Avendo durezza 7 nella scala di Mohs, in breve è considerato materiale "duro", pertanto viene utilizzato come abrasivo del tessuto in questo caso senza precauzione alcuna. Ma al cosiddetto Quadrilatero della Moda di Milano, un quartiere della zona 1, così chiamato perché idealmente delimitato da quattro strade famose per i numerosi negozi e atelier delle griffe più importanti, da via Monte Napoleone a via Manzoni, come da via della Spiga a corso Venezia, credete che gliene importi qualcosa? Illusi. A loro interessa spacciare a destra e manca stati più o meno potenti di anoressia, con giovani modelle che non devono superare i 52 chili ed essere alte almeno 1 metro e 80. Chi non pensa a queste cose, chi non si ritene responsabile delle morti di anoressia a tutto tondo tramite modelli imposti dalla pubblicità delle grandi firme, figuriamoci se si pongono dei dubbi su uomini abituati a luoghi di lavoro umidi, pieni di polveri che imbrattano i polmoni di 3oenni che lavorano per un dollaro al giorno, cioè ogni 16 ore. Ma i salotti piene di scatole d'argento con camei intarsiati di pomice azzurro, bollicine e coca, ridono dal rintontimento.  
I Polmoni di Adulhalim Demir macchiati di Silicosi


Jeans che uccidono

Proprio questa capacità abrasiva può portare a malattie mortali come la silicosi, un'irritazione polmonare legata all'inalazione di ingenti quantità di polvere. La scarsa reattività con altre sostanze chimiche, ne fanno un materiale inerte nella dinamite, penso cosa combini quando si trova tra i legami intravascolari dei polmoni in carne umana, non dinamite. "Credo che sia stato allora che mi sono ammalato". Adhulhalim oggi è testimonial della Campagna per l’abolizione dei jeans sabbiati. L’iniziativa, di cui Fair è il coordinatore italiano, è stata presentata ad Istanbul sotto uno slogan esplicito: "I jeans che uccidono". "Perché è esattamente quello che accade, lontano da noi, dai nostri armadi pieni di pantaloni sbiaditi ad arte, logorati non dall’uso ma da qualche operaio che per questo rischia la vita: l’unica che ha. L’appello è rivolto alle imprese in Italia Diesel, Armani, Gucci, Prada, Versace, Cavalli, D&G, Benetton, Replay, perché rinuncino integralmente alla sabbiatura e ai governi perché vietino questa procedura, l’importazione di jeans sabbiati e garantiscano assistenza ai lavoratori malati", sostiene Deborah Lucchetti, presidente di Fair e portavoce della "Campagna Abiti puliti".
Qualche numero per capire
In Turchia, dov'è partito il movimento che ha prodotto una campagna nazionale oggi esportata su scala globale e dove la sabbiatura è vietata dallo scorso anno, comincia ad emergere la dimensione del problema. Finora si contano 46 morti per silicosi acuta, 1200 malati accertati e almeno 5000 stimati su una popolazione di 10.000 operai addetti al sandblasting. "Sono numeri per difetto", spiega la dottoressa Yesim Yasin, membro del comitato che in Turchia ha spinto per il divieto di questo tipo di lavorazione. "La silicosi provocata dalla sabbiatura a silice è diversa da quella dei minatori, che si presenta dopo 10 o 20 anni. Per gli operai del tessile, come ipocritamente vengono chiamate le vittime di questa moda che genera morte,  abbiamo visto che è sufficiente un periodo di esposizione di soli 6 mesi per manifestare i sintomi". Si comincia con un po’ d’affanno, poi si perde peso, subentrano infezioni polmonari. Anche la morte arriva molto più rapidamente. Il primo studio internazionale che lega la silicosi acuta alla sabbiatura, è del 2005. Fino ad allora gli operai si ammalavano e morivano senza nemmeno sapere di che cosa. A volte i sintomi venivano confusi con quelli della tubercolosi, i medici non riuscivano a capire. Poco alla volta si è scoperto che il mistero era nei jeans sbiancati. "Eravamo in un gruppo di vecchi sabbiatori con gli stessi sintomi - racconta Adulhalim -. Eravamo 157. A 145 è stata diagnosticata la silicosi. Nel mio villaggio su 2000 abitanti, oggi gli ammalati sono 300". Il divieto introdotto in Turchia non è una soluzione definitiva, perché è imperante un mercato sommerso di piccoli laboratori che sfuggono ad ogni controllo, pieno anche di bambini al di sotto dei 10 anni. Lo definirei più un accomodamento momentaneo e parzialissimo, con sapore di compromesso e aggiustatura per buttare altra polvere negli occhi.
Traduzione del manifesto: "Ce la possiamo fare!"
E' perché esiste un mondo intero di braccia che costano poco, come in Bangladesh, Cambogia, Egitto, Messico, India, Cina. Paesi dove si usano le stesse tecniche, ma non esiste la percezione del problema. "I lavoratori non sono quasi mai consapevoli del rischio", dice Deborah. Anche per le imprese committenti è difficile controllare l’intera filiera: il lavoro viene dato in subappalto tante di quelle volte che è impossibile essere certi che siano garantite condizioni di sicurezza.
Prada veste "Stone Washed Jeans"

Tecniche
di sabbiatura sicura esistono ma hanno costi molto alti, fingere di non saperlo non porta lontano. "È per queste ragioni che chiediamo alle grandi marche di rinunciare alla sabbiatura e al mondo della moda di smettere di proporre tendenze che richiedano procedure così rischiose", dice Deborah Lucchetti, portavoce italiana della "Campagna Abiti Puliti". In Italia finora hanno risposto in quattro. Pochino, poi hanno risposto a metà. Versace e Gucci assicurano che la - loro - produzione è tutta italiana. Prada dice di essere in grado di controllare la filiera dall'inizio alla fine, mentre Benetton promette di interrompere la vendita dei jeans sbiaditi dal 2011. Avrà mantenuto la promessa? Vedremo. Certo, molti Brand&Maison, sostengono di non violare la legge, ed effettivamente è così, almeno fino ad un certo punto, perché se sposti la produzione da un paese dove la legge è restrittiva, ad esempio in Turchia, a un paese dove puoi fare quello che ti pare, ad esempio il Bangladesh, la legge non la violi, ma stai facendo una vigliacca quanto esecrabile furbata.
Levi-Strauss scrisse: "È solo moda in fondo, è la moda piace così, anche per il suo cinismo sottinteso". Come dire, robetta. Basterebbe invece pochissimo per cambiare un gusto e salvare migliaia di persone identiche a noi, solo più sporche di melma fangosa a causa dei numerosi privilegi di cui sfacciatamente facciamo pure sfoggio. Non è un segreto d'oggi il fatto che i grandi evasori fiscali, tra di loro, si sentano furbi nel fregare lo Stato. Mi sento un don Chisciotte di provincia sullo stile di Miguel de Cervantes Saavedra contro dei Mulini a vento potentissimi, invisibili, anche se sempre in passerella a mostrare il lusso che è parallelo alla povertà mondiale. Loro fanno sfilate di beneficenza è gente sensibile alla vita dei più poveri del mondo. Come quei movimenti cattolici che in nome di Dio realizzano brutture ripugnanti anche per chi è dedito al malaffare.
Dedicato all'arroganza di gente come "il Celeste"

W le casalinghe
di Voghera
Diciamolo, scriviamolo quante sfilate di beneficenza fanno in un anno Valentino o Armani. Ci sono molte coscienze malate, da mettere a tacere perché mordono nei momenti di solitudine e quando la vita diventa sempre più minacciosa e triste del solito, anche per i potentati della moda.
Naomi Campbell sfila per beneficenza


Quanta coca!
perché superate le 70 primavere, diventa letale anche una "striscia" per le sollecitazioni che essa trasmette ad un fisico-sensore ormai sul viale del tramonto, com'è giustamente che sia. L'immortalità su questa terra, per fortuna, non esiste. Neanche per chi viene definito, senza rendersi conto del ridicolo smisuratamente comico e miserabile, Cavaliere del Lavoro oltre che membro Légion d'Honneur capace della rivoluzione rossa. A Voghera! Dove nacque la casalinga diventata metro di misura per tutti i giornalisti: "Se lo capisce la casalinga di Voghera, allora lo capiscono tutti", ci dicevano all'inizio della professione, quando tutto ci sembrava ancora un gran bel gioco, per poi annusare la puzza, inchiesta dopo inchiesta.