Notti notturne

martedì 26 febbraio 2013

Storico Lou, pioniere del rock

Matusalemme, pioniere rock
        di Matteo Tassinari

All’età di 72 anni
Lou Reed
equivale ad un Matusalemme nell’iconografia space rock music. La musica rock, nata come espressione giovanile di una ribellione contro l’ortodossia e le regole che ha saputo sapientemente incanalare le esigenze dei giovani di quel periodo. Come ogni rivoluzione si è trasformata in uno stato mentale più che in singoli atti di rivolta. Divenendo una sorta di rivoluzione permanente. Questa è la visione che ha accesso i pionieri del rock, dai Beatles agli Stones, dai Velvet ai Jefferson, da Dylan a Reed, tutti desideravano una rottura netta con il passato e un mondo nuovo ricostruito a propria immagine. Tutte bolle di sapone, che nell’utopia implacabile che oggettivamente rappresentava, ha dato tuttavia input nuovi ed elettrizzanti sul piano dei diritti civili. Per i giovani crescere è un peccato troppo disdicevole per essere contemplato. Quello che è certo è che Lou Reed è stato più di un animale del rock. In realtà è stato l’intellettuale adulto del rock’n roll che ha saputo, proprio come aveva fatto Andy Warhol in altri settori e anche grazie a lui veicolare la cultura “alta” in un formato accessibile alla massa. E nella musica, in pochi sono riusciti a farlo così bene.

    Più mi faccio schifo,     
più      vendo
Poco prima dell’uscita del suo album “Loaded” poco prima del ’68,  in un’intervista dove a Lou Reed viene chiesto se il rock avesse ancora qualcosa da dire, rispose: “Assolutamente si. Penso al rock come ad una grande opera, come ad un’Odissea. Qualcosa che non avrà mai fine fino a quando non ci sarà qualcosa di meglio”. In molti sono concordi nell’affermare che Lou Reed ha reinventato il vocabolario del rock, divenendo un faro alto a cui guardare per capire come vuole essere sguaiata la Fender Stratocaster, la chitarra elettrica rock per eccellenza. E’ infatti incredibile pensare che l’album che ha cambiato il modo d’intendere e di fare musica è stato registrato e mixato in appena quattro giorni per una spesa totale di circa 2.500 dollari tirati fuori da Andy Warhol. Nessuno poteva immaginare che quell’album avrebbe colpito generazioni di musicisti e ascoltatori.
Sobborghi di New York, forse più New Jersey


Suggestion      the
Sunday      morning
L’opera che ha gettonato le basi di tante correnti musicali successive. Artisti come David Bowie, Brian Eno, Iggy Pop, e poi i Rem e gli U2 fino a Sinéad O'Connor, nutrono un debito fondamentale verso i Velvet Underground e verso il loro primo album. Inciso negli anfetaminici anni ’66, esce e spopola con una banana gialla da sbucciare disegnata da Andy Warhol in copertina con chiari allusioni sessuali, rendendo l’album più agibile per il commercio discografico americano di quegli anni. Per rendere l’album meno sofista, il produttore Tom Wilson e Andy Warhol suggeriscono di aggiungere un’altra canzone cantata da Nico. Nasce così la splendida “Sunday Morning”, anche se alla fine, chissà per quali ragioni, e Lou Reed a cantarla. (http://www.youtube.com/watch?v=YuM3SteeAgY).
Lou Reed e Nico
Nico FEMME fatal
Nico, l'ottima fotomodella tedesca nota in Italia soprattutto per la fulminante apparizione ne "La dolce vita" di Federico Fellini. Era una protetta del padre della Pop Art, stessa sorte dei vari Paul Morrissey, Joe Dallesandro, Edie Sedgwick e Ultra Violet di cui il Maestro a fasi alterne s'innamorava. Diventerà una delle attrazioni principali dell'"Explodic Plastic Inevitable Show", spettacolo multimediale prodotto dalla Factory. Ma Lou Reed non è tipo da lasciarsi plasmare come cera: romperà con Nico e lo stesso Warhol già a partire dal secondo album "White light/White heat", romperà il giocattolo nel '70, lasciandone i resti fumanti nelle mani del subentrato Doug Yule. Tre anni più tardi i Velvet usciranno dalle cronache musicali per entrare nella storia. O forse dovremmo dire nella leggenda.
Nico e Warhol

  Banana Deluxe@

from      Andy   


I rapporti fra Nico e Lou diventano troppo tesi, soprattutto perché Reed sente che il gruppo è suo e mal digerisce che altri interpretino le sue canzoni, come fa Nico e la sua splendida voce. C’è anche da dire che l’inserimento della figura di un Angelo Blu nel gruppo, era stata un’imposizione di Andy Warhol, sempre osteggiata da Lou Reed che evidentemente non vuole nessuno a primeggiare insieme a lui. Inizia così una fugace fuga di Lou Reed dai Velvet, e inizia a incidere dischi che a dir la verità non riscuotono un grande successo. Infatti, dopo il clamoroso flop del primo album solista, Reed si ritrova in una situazione di grande ambiguità. Malgrado abbia speso gli ultimi sette anni creando alcune delle canzoni rock più belle che si ricordino, il suo nome è ancora nell’oscurità e la sua carriera artistica quasi fallita. Il primo a non accettare il fallimento di Lou è uno dei suoi più grandi estimatori, David Bowie, all’epoca la più famosa e riverita rockstar.
Da sinistra Bowie, Iggy e Lou

Fusion,       Transformer, Glam

Sarà lui, Bowie, a proporre al colosso Rca, il nuovo album di Lou Reed. Lou, che ha passato molto tempo insieme a Bowie, sua moglie Angie e il suo arrangiatore Mick Ronson, si trova subito a suo agio e ambisce a quel successo e a quel potere che il suo amico collega ha sulle masse nei suoi mega concerti di Londra, Los Angeles, New York. “Transformer”, in un certo senso, offre proprio ciò che offriva Warhol con la sua arte: dichiarata bisessualità, approccio con le droghe, sessualizzazione del rock, costituiscono il Glam dell’estetica “pop” di Andy.


L'amico David
Appena l’album viene
pubblicato incontra il mondo. Diventa un successo che non conosce stop. Il trasformismo di Lou Reed in “Transformer” fa emergere tutta la bellezza e la sensibilità interiore, anche nelle sue forme più eccentriche. “Vicious” è senz’altro una delle canzoni più efficaci dell’album, contraddistinta dal famoso Riff di chitarra di Ronson e da un’interpretazione vocale ambigua. Il termine “Vicious” è ambivalente. Se comunemente significa vizioso, depravato, nello slang di quegli anni e di quel periodo assume altri significati come bello e grandioso. Va detto che per Lou Reed erano periodi non semplici, sia come artista che come uomo, in questo fu determinante l'aiuto dell'amico David Bowie che l'accolse nella sua casa discografica che aveva dato carta bianca a Bowie, l'unico, all'epoca, a guadagnare anche 10 mila dollari a sera per un concerto di 2 ore, per arrivare a cifre da far girar la capoccia, stadi pieni e non sufficienti, palazzetti stracolmi, Bowie non conosceva arresti e ogni sua canzone era destinata a diventare un successo. Si comportò ugualmente con l'amico iguanone Iggy Pop. L'unico neo di Bowie è quella trazione esoterica" la chiamava lui, per il Nazismo. E dici poco? Ma le canzoni da lui scritte nel corso degli anni ritengo siano un'altra cosa, o no?
Ai cultori di copertine al vinile
Sempre assimmetrico
“Prefect day” ha trovato, meritatamente, posto nell’olimpo delle classiche ballate rock grazie anche alla colonna sonora del film “Trainspotting” di Danny Boyle, che lo fa riesplodere, riportandolo alla ribalta. Ma la traccia sul vinile che sbanca è la clamorosa “Take on the wild side”, la canzone più riuscita con un minimo dispendio di energia se così si può dire, proprio per la sua semplicità disarmante se consideriamo il suo incanto così colto. La penna che faceva tremare le rockstar dalle colonne del N.Y.T., Jhon Meddelton, scrisse: “mai proporzione simmetrica in musica ha raggiunto tale fascino, con così esigui mezzi a disposizione. Evidentemente hanno richiesto e ottenuto il massimo da ogni sessione del brano”.

walk on the wild side


L'Amleto
        nel satellite
imprigionato 
Il titolo è preso dall’omonimo romanzo di Nelson Algren che Warhol aveva in progetto di trasformare in musical. I temi centrali sono l’omosessualità, il travestitismo, uso di droghe, prostituzione e voglia di on the road per dirla con Jack Kerouac. Ma il segreto del successo di Transformer è che Lou Reed non si lascia prendere dalla didattica. Non dice ciò che è bene e ciò che è male, dice ciò che è. L’invito di Lou a fare una passeggiata con lui nel sentiero selvaggio della vita. Rimarrà un cult della musica rock and pop. Chiude una sublime “Satellite of love”, una canzone sulla gelosia che mette in risalto la poesia dell’ossessione. Il satellite non è altro che l’uomo che segue la propria donna per controllarla, un Amleto imprigionato, una mancanza di fiducia motivata da un’assoluta devozione ad un amore possessivo e tenero quanto dolcemente feroce. Bowie è il produttore esecutivo del vinile, regalandogli un successo planetario.
Il Baby di Coney Island
Ma l’anno della svolta è il 1975.
Ormai, dopo Rock’n roll animal e Sally can’t dance” lo hanno reso un fenomeno di massa, vezzeggiato, acclamato da critica e pubblico in ogni parte del mondo. Malgrado sia psicologicamente e fisicamente prostrato da dosi di eroina, è proprio in quell’anno che conosce la persona che lo aiuterà a risalire la china: un travestito di nome Rachel. Lineamenti bellissimi, con una personalità forte e un’intelligenza arguta, Rachel si accompagnerà a Lou fino al 1978, tra lo scandalo di tutti benpensanti. Ormai, per questa gente, drogata di tutti i vizi della terra, la provocazione era divenuta un lavoro, un metodo, un metro di vita. Il successo, il divismo assieme, certamente, ad una complessa ispirazione artistica oggettiva, erano padroni di narcisi più o meno dotati, giovani che si sentivano incaricati di qualcosa che nessuno aveva chiesto, ma che è pure vero, considerata l'immediata corrispondenza, in molti aspettavano.  

@ConEy Island
and kiCks@
"Coney Island Baby" diviene il disco più discolo di Lou Reed. La critica lo stronca, il pubblico dice: “Ma questi brani non sono neppure cantati, sono parlati”. Ma questa volta Lou Reed non da segni di risentimento, ma ne è anzi, compiaciuto. Del resto ha chiarito nelle note di copertina. “Alla maggior parte di voi, questo disco non piacerà. Non vi biasimo affatto. Non è per voi”. Per finire con una delle frasi più presuntuose e forti del nuovo Lou Reed: “La mia settimana vale un vostro anno. Non sforzatevi, non potrete capirmi” è il messaggio scritto nel disco.


A chiudere il disco è la title-track,
una delle canzoni più sinceramente autobiografiche dell’intera carriera del cantante, nella quale Lou getta finalmente la maschera e mette a nudo la parte più dolce di quello che è considerato dai più un “duro” del rock, ritrovandosi negli stessi panni dell’Iguanone Iggy che però ha un cammino ancora più travagliato, se è possibile. La morte di Warhol stabilisce un punto di non ritorno per il poeta transformer di New York, come ormai lo chiamano tutti. Si butta nella creazione musicale per dimenticare un lutto così grave per la sua stessa vita, una tristezza dalla quale ci vorranno due anni prima che riprenda a lavorare e fare altri tour. Ai suoi funerali, Lou incontra il co-fondatore dei Velvet Underground John Cale e insieme scrivono un Memorial dedicato ad Andy, “Songs for Drella”, esce nel 1990.
Ora Lou Reed vive a New York e suona, per quel che si sa, quando, come e dove vuole lui. Forse non ha più l'appetito di celebrità che da giovane gli mangiava le budella, per dirla in Punk Rock. Ha 71 anni va spesso al cinema e gusta pane tostato col burro di arachidi e succhi di mirtillo o sciroppo d'acero. C'è chi dice che "Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno".